martedì 31 agosto 2010

Yes, we can, but maybe we shouldn’t


Yes, we can...
L’America era innamorata di lui. La stampa lo raccontava come mito, fenomeno, icona. Ogni cosa che faceva o diceva era sempre storica, epocale, profetica. Anche se in netta contraddizione con un’altra cosa sempre storica, epocale e profetica che Obama aveva pronunciato la settimana precedente.
La meravigliosa confezione in cui erano avvolte le sue posizioni politiche gli garantiva paragoni con John Fitzgerald Kennedy e Ronald Reagan, con Franklin Delano Roosevelt e Abramo Lincoln.


... but maybe we shouldn’t
Il profeta, il messia, il superman che avrebbe dovuto guarire i mali del paese è stato disarcionato. E’ diventato un politico normale, come gli altri, costretto a parare i colpi non solo dell’opposizione, ma anche della sua parte.
La riforma sanitaria non piace né ai repubblicani né ai democratici. I primi la considerano il pilastro di un’incipiente rivoluzione statalista. I secondi credono che Obama abbia sprecato l’occasione di cambiare il sistema sanitario americano. Stessa cosa per l’intervento pubblico a sostegno dell’economia. I liberisti dicono che è stato un gigantesco spreco di denaro, i progressisti gli imputano di non averne speso abbastanza.
La destra lo accusa di essere un socialista, la sinistra di aver venduto l’anima a Wall Street. I conservatori dicono che è un estremista radicale, i liberal sostengono sia un moderato alla ricerca di compromessi. I falchi pensano abbia capitolato di fronte al nemico, le colombe dicono che è una copia carbone di Bush.
A ogni riforma perde consenso. A ogni intervento calano i sondaggi. A ogni posizione di principio segue una timida marcia indietro.
E’ Nobel per la pace, ma fa la guerra.
Il capo del Pentagono è lo stesso di Bush, così come i generali che guidano le truppe sul campo. Il disimpegno dall’Iraq lo ha stabilito il suo predecessore.
Le truppe in Afghanistan sono state triplicate. I bombardamenti in Pakistan procedono a ritmi settimanali. La guerra segreta è stata estesa a dodici paesi. La Cia è tornata ad avere la licenza di uccidere. Guantanamo è ancora aperto, così come il carcere di Bagram, in Afghanistan. Alcuni detenuti non hanno diritti processuali e rimarranno a vita in galera. Gli altri saranno processati con le corti militari speciali volute da Bush.
E’ il paladino dei diritti civili, ma è contrario al matrimonio gay e licenzia dall’esercito gli omosessuali dichiarati.
E’ l’alfiere della politica ambientale, ma ha rilanciato l’energia nucleare.
E’ il simbolo delle politiche pro immigrazione, ma quest’anno saranno 400mila i rimpatri forzati di clandestini. E’ di sinistra, ma sostiene il diritto a portare le armi e non firma il trattato contro le mine antiuomo. Obama ha i titoli per chiudere l’era delle discriminazioni razziali, ma in pochi mesi ha erroneamente dipinto come razzista un poliziotto bianco e poi ha licenziato una funzionaria nera che era stata ingiustamente accusata di razzismo da un blogger conservatore.
A meno di tre mesi dalle elezioni di Midterm oltre la meta' degli americani e' insoddisfatta di Obama.
La fine di un sogno?

1 commento:

  1. non c'era nessun sogno,solo dei sognatori....che ora preferiscono parlare di altro...

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